Tre libri sopra il cielo

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“INCUBI” Racconto di Cristina Bruni

Vogliamo fare un ringraziamento speciale ad un’autrice italiana, particolarmente amata da noi di “Tre libri sopra il cielo”, per il delizioso regalo che ha voluto fare al nostro blog e, a tutte/i i suoi lettori. Curiosi/e? Volete sapere di chi stiamo parlando? Se vi dicessimo Sherlock Holmes e John Watson? Siiiiiii, è proprio lei! Grazie a Cristina Bruni per il suo bellissimo racconto “Incubi” che vi proporremo in due parti.

IncubiINCUBI

di Cristina Bruni

Quando spalancai gli occhi, in quella fredda notte di novembre, mi ritrovai avvolto nell’oscurità più angosciante. Non ne ero sicuro, ma pensai di aver gridato. Un grido sommesso, forse, oppure un urlo a squarciagola.
Un incubo.
Uno di quelli che, di tanto in tanto, tornavano a farmi visita, da quando avevo fatto ritorno a Londra dall’Afghanistan, con l’osso della spalla fracassato da un proiettile Jezail, la salute irrimediabilmente compromessa e il morale a pezzi.
Non lo ricordavo nitidamente, ma ero certo che si trattasse di un incubo. Mi sentivo ancora il cuore in gola, il battito accelerato e la veste da notte madida di sudore. Per un medico come il sottoscritto, non fu difficile diagnosticare quanto stesse accadendo al mio corpo: paura.
Sbattei le palpebre un paio di volte per abituarmi all’oscurità. Un pallido raggio di luna filtrava dagli scuri della mia camera da letto al secondo piano dell’appartamento al 221B di Baker Street.
Mi puntellai il gomito sul guanciale, scoprendomi in parte mentre mi tiravo a sedere, le lenzuola che scivolavano lungo il mio corpo.
Allungai una mano verso il comò alla mia destra per prendere l’orologio da taschino che viimages (24) avevo deposto prima di coricarmi. Lo accarezzai con affetto e andai con il pensiero al giorno in cui mio padre me lo aveva donato, alla vigilia della mia partenza per Bombay. Quei giorni apparivano così distanti che quasi sembravano essere ricordi appartenuti a un’altra persona.
Trascorsero solo pochi attimi prima che gli occhi iniziassero ad abituarsi alla penombra e, da ciò che riuscivano a scorgere, le lancette segnavano qualche minuto dopo l’una. Ero a letto solo da poco più di un’ora. Sbuffai, accasciandomi nuovamente sui cuscini.
Erano solo pochi mesi che condividevo l’appartamento di Baker Street assieme al più curioso degli essere umani che avevano mai camminato su questa Terra, Sherlock Holmes, e, nonostante l’adrenalina che il mio famoso amico mi regalava con i suoi insoliti e splendidi casi, l’Afghanistan era ancora lì, presente nella mia testa. Come se fosse stato la mia ombra. O un nero uccellaccio appollaiato sulla spalla.
Strinsi ancor di più gli occhi, come a voler ricacciare tutto il dolore e l’orrore dentro quell’inferno da cui erano stati rigettati. Non avevo memoria dell’incubo, nemmeno il più piccolo fotogramma, ma la spiacevole sensazione data dal sangue di cui era sicuramente impregnato era palpabile e reale. Davanti ai miei occhi, sulle mie mani, dentro il mio corpo…
Mi girai sul fianco opposto, raggomitolandomi su me stesso, in cerca di calore.
Mi augurai che le mie grida non avessero svegliato quella cara vecchina della padrona di casa, Mrs. Hudson, che occupava l’appartamento al pian terreno. E, soprattutto, il mio amico Holmes, se mai stesse dormendo e non fosse ancora sveglio a combattere la noia con l’odioso contenuto del suo lucido astuccio di marocchino.
E il tepore che stavo cercando arrivò, all’improvviso.
Ma non si trattò del calore di una coperta di lana o delle lenzuola che avvolgevano il mio corpo. Si trattò dell’immenso potere della musica. Iniziò solo con una nota o due, fatte vibrare come prova nell’aria, e via via si trasformò in un ossequioso e piacevole concerto, che nasceva nel salotto al piano inferiore, seguiva sinuoso il percorso delle scale e oltrepassava, infine, la porta della mia camera, per andare a morire carezzando la mia anima.
Era uno dei Lieder di Mendelssohn, il mio preferito.
Il mio amico Holmes era al piano di sotto, nel nostro salotto, e stava suonando una delle musiche ch’io preferivo. Per calmarmi, per cullarmi. Mi sentii lusingato e quasi in pace con me stesso, mentre cercavo di immaginarmelo sdraiato scompostamente sul divano, nello svolazzo di grigio lasciato dalla sua amata quanto consunta vestaglia, le palpebre abbassate e le mani strette attorno allo strumento e all’archetto.
Il mio cuore palpitò sotto tanta emozione.
Mi sentii lusingato per la premura mostrata nei miei confronti, poiché, per una persona non incline alle manifestazioni d’affetto com’era il mio amico Holmes, era cosa preziosa quanto una pietra rara. E, come se ciò non bastasse, pur essendo un ottimo musicista, Holmes preferiva suonare pezzi da lui composti, che variavano nei generi a seconda dell’umore del momento. Tuttavia, poiché era ben a conoscenza del potere calmante che le arie di Mendelssohn esercitavano sulla mia persona, all’epoca, terminava di sovente le sue esecuzioni con un Lieder, in particolare nelle sere in cui mi vedeva più provato o stanco del solito.
E per me, questo, equivaleva alla migliore espressione d’amicizia e amore mai conosciuta nella vita.
Forse più del secondo, che della prima…
Mi raggomitolai ancora di più sotto le lenzuola e permisi alle palpebre di scivolare a coprire gli occhi, lasciandomi trasportare dalla piacevolissima sensazione di freschezza e serenità che le note donavano alle mie membra provate.
La mente iniziò pian piano a calmarsi e prese a fantasticare di Paesi lontani, principesse e principi, balli in costume… Innanzi a me, vedevo il riflesso di me stesso, in scintillanti abiti da sera, intento a danzare il valzer più melodioso con la più sinuosa delle dame. Fino a quando Holmes non veniva cortesemente a chiedere il permesso di interromperci per portarmi via, verso il più oscuro ed efferato dei crimini che attendeva solo noi per essere risolto.

 Fine prima parte…

 

 

 

 

 

2 commenti su ““INCUBI” Racconto di Cristina Bruni

  1. Iuliana Kinney Croitor
    25 novembre 2014

    ❤ grazie aspetto la seconda parte

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Questa voce è stata pubblicata il 25 novembre 2014 da in Racconto con tag , , .

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